di Giuseppe Bova
La luce e il buio. La gioia di toccare con mano la realtà di una gioventù rigenerata, che coltiva speranze, che semina schegge di vita nuova, e la notte di chi alimenta violenze, di chi prevarica la propria libertà e quella degli altri, di chi pratica la cultura di morte al soldo dell'ignominia, dell'egoismo e dell'asocialità.
E' questo che abbiamo incontrato per strada come attivisti del Circolo Culturale "Rhegium Julii"; è questo che, a volte, ci ha dato coraggio ma anche tremende delusioni.
Il mondo che ci circonda misura sempre e ovunque questa doppia anima (in prevalenza buona) e se, per un verso, ci tocca di registrare il sostegno che proviene da tanti disinteressati consensi, per l'altro registriamo tante vuote rappresentazioni dell'apparire che nulla aggiungono alla nostra scelta consapevole di lavorare per accrescere la coscienza della responsabilità e la ricchezza interiore.
Alla asprezza di una società meridionale ferita dalle percussioni violente della criminalità organizzata e 'ndranghetista che abbatte uomini, progetti e utopie, che conculca la libertà di espressione e d'impresa, che comprime amministrazioni e amministratori nel libero esercizio delle rispettive funzioni, noi opponiamo la filosofia socratica della passione civile e del fare dentro le regole della democrazia, stimolando i valori del sacrificio, del lavoro e della creatività.
Respingiamo decisamente le indicazioni di chi, partendo da posizioni di consolidato benessere, considera i problemi degli altri un peso da rimuovere, ostinandosi ad alzare steccati e proporre separatezze, dimenticando che molti problemi sono sul tappeto per l'inazione dello Stato e per la mancata realizzazione di concreti processi di sviluppo.
Nessuno può sentirsi immune da responsabilità per una situazione generata da un eccesso di tolleranza, dalla convinzione dell'impunità, da un'azione politico-amministrativa che non ha puntato l'attenzione sulla certezza delle regole e del diritto; se si è curato di comprimere l'espansione del potere mafioso che oggi contamina l'intero Paese e stabilisce potenti relazioni con altre realtà criminali del pianeta.
E noi ci domandiamo: a che serve la promozione della cultura se un tale esercizio appare come la predicazione nel deserto?
Chi ha interesse a coltivare le virtù personali e ad arricchire di nuovi valori la propria anima se l'informazione e i media esaltano e diffondono la cultura del consumismo tout-court, del possesso-successo, del dio denaro?
Non sappiamo quanti saremo ancora a praticare la ricerca di un essere migliore, a promuovere il confronto, l'azione di rinnovamento e di crescita dei livelli di partecipazione e creatività.
Davanti al sangue che scorre, davanti alla spina del dolore, davanti al tempo che infligge nuovi livelli di sfiducia e isolamento, verrebbe da inginocchiarsi in silenzio e sfondar d'interrogativi le porte del proprio annientamento.
Invece siamo qui, a fare testimonianza, oggi con i capelli ingrigiti, ma con uno stuolo di giovani brillanti verso i quali riponiamo ogni nostra speranza, ogni scelta di cambiamento.
Il tempo dirà di queste stagioni, delle nostre voci, troppo poche, rimaste a scandire le lancette del resistere, della nostra fede nell'uomo che prepara la rinascita, e sceglieremo ancora la pagina dell'autore che ha qualcosa da dirci, qualcosa da insegnarci, perchè aspettiamo di sentirla sempre quell'emozione che si chiama gioia di vivere, di esistere, gioia di donare.
Bisogna alzare lo sguardo - come diceva Giovanni Paolo II - bisogna guardare oltre la siepe. Non ci saranno momenti difficili se il cuore non chiude le porte alla speranza.
(Giuseppe Bova)