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di Giuseppe Bova

Quando arriva il crepuscolo, non pensiamo solo di fissare la magia del sole che cala dietro i monti, non pensiamo sempre alla vita che rallenta le battute sui remi, pensiamo anche ad un momento che appare consumato, ad una società che ha bisogno di ricomporsi, ad un sistema politico, sociale ed economico che ha fatto il suo tempo decimando regole, costumi, etica e valori che rispondevano al nome di dedizione, solidarietà, amicizia, equilibrio.

Non accadeva così sfacciatamente che ciascuno pensasse solo a sé stesso, che l’altro da sé fosse considerato meno di niente, tanto più se di pelle nera, o gialla, rumeno o albanese, tanto più se di religione islamica, o cristiana, o buddista, tanto più se di etnia rom.

Non accadeva che un insegnante fosse offeso da zotici incolti solo perché meridionale, o che un bambino “straniero” fosse proposto per la differenziazione e l’isolamento da altri bambini italiani.

Non accadeva che l’economia fosse aria fritta, un gioco per furbi dove pochi fanno la parte del leone concentrando ricchezze e i rimanenti stanno a guardare il vento che non cambia mai (roba da nuova presa della Bastiglia).

Il tempo è passato su di noi come una valanga destinata a travolgere tutto e tutti, molti popoli sono stati messi in ginocchio, altri hanno gonfiato il ventre del mondo di scorie inutili, di trappole mortali, di distruzioni che si chiamano deforestazione, inquinamento, contaminazione (financo nel latte dei bambini), sfruttamento dei minori, e c’è chi rincorre un attore, un cantante, l’ultimo personaggio noto alle cronache, per pubblicare un testo preconfezionato alla moda, giusto per fare soldi e infangare la cultura, giusto per imbrattare carta senza significato, senza alcuna storia da ricordare.

Un Papa appena andato via, lo andava dicendo inascoltato, lo aveva scritto nelle sue encicliche che andavano fatte correzioni nei processi economici, nella redistribuzione delle risorse, per un uso più giusto ed equilibrato delle risorse disponibili. Sosteneva in ogni luogo l’esigenza di abbattere gli “ismi”, i totalitarismi di stampo sovietico, il capitalismo senza freni. Sosteneva la necessità di mettere al primo posto l’uomo, il riequilibrio sociale, una soluzione che considerasse il recupero dalla marginalità dei ceti più deboli.

E invece no; è prevalsa la legge del più forte, la legge di chi più ha e più deve avere, la logica dell’apparire, della festa, dell’effimero.

Ma il tempo e Dio saldano sempre i conti di tutti.

E tutti lo leggono il cielo grigio che ci circonda, e quella fede che non coltiva più la sua forza nel sacrificio, nell’impegno quotidiano, nella capacità di rigenerazione dell’azione e del pensiero. E si chiedono cosa fare.

Chi ama la creatività, chi non ha mai abbandonato la strada maestra, sa che la vita non è uno scherzo. E va presa sul serio, sul serio a tal punto/che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi/non perché restino ai tuoi figli/ma perchè non crederai alla morte/e la vita peserà di più sulla bilancia.

Il crepuscolo, a volte, è duro, a volte costringe tutti a fare un passo indietro per guardare meglio il proprio prossimo, per amarla un po’ di più questa terra in agonia, per ascoltarla la voce del cuore e quella della saggezza, e ricominciare il cammino per conquistare ancora un nuovo sogno.