di Anna Foti
La storia dell'umanità annovera il 23 febbraio 1455 tra le date più rivoluzionarie. Fino a qualche anno prima la scrittura era affidata alla pazienza e al talento calligrafico degli amanuensi, schiavi literati che copiavano sapientemente testi per tramandarli come autentiche e intramontabili, opere d'arte oggi molto preziose. L'arte amanuense ha preceduto l'avvento della stampa a caratteri mobili, frutto dell'intuizione del tipografo tedesco Johann Gutenberg che, nella città tedesca di Magonza, tra il 1448 ed il 1454 stampò, con la sua tecnica innovativa, il primo libro in Europa in lingua latina: la Bibbia a 42 linee. La tecnica tipografica di Gutenberg consisteva nell'allineare i singoli caratteri in modo da formare una pagina, poi cosparsa di inchiostro e pressata su un foglio di carta. L'innovazione stava nella possibilità di riutilizzare i caratteri, da qui la denominazione di stampa a caratteri mobili da lui inventata.
La Bibbia a 42 linee, così realizzata, fu completata proprio il 23 febbraio 1455, in "corte Humbrecht" (oggi Schustergasse 20), e posta in vendita a Francoforte, con una prima tiratura di 180 copie. Un evento storico che, ad oggi, avvalora anche la grandezza e l'importanza di quanto avvenuto solo venti anni dopo, più a Sud dell'Europa, nell'antica Reggio Calabria. Il più antico libro stampato in lingua ebraica con data certa risale infatti al febbraio del 1475 ed è il Commentarius in Pentateuchum del rabbino Rashi (acronimo di Rabbi Salomon ben Isaac) dato alle stampe, nella fiorente Giudecca reggina del XV secolo, dal tipografo Avraham Ben Garton Ben Yishaq.
Il Commentario al Pentateuco di Rashi, il più grande commentatore medievale di Torah e Talmud (vissuto nell'anno 1000 in Francia), è ancora oggi per la religione ebraica un testo di assoluto rilievo. Il prezioso incunabulo ebraico, scoperto dal presbitero, orientalista e bibliografo italiano Giovanni Bernardo De Rossi, curatore di una significativa collezione di scritti ebraici conservata nella Biblioteca Palatina di Parma, venne acquistato nel 1816, unitamente ad altri importanti documenti della cultura ebraica in Italia, da Maria Luigia d’Austria, che poi lo donò alla Regia Bibliotheca Parmense, oggi biblioteca Palatina, dove il Commentario del Pentateuco di Rashi è ancora oggi custodito (fondo di Giovanni Battista De Rossi, collocazione 1178).
A memoria di questa storia straordinaria, una copia fotostatica fu richiesta e ottenuta nel 2006 dall'allora sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, su impulso dell’assessore alla Cultura dell'epoca Fabrizio Veneziano, dell’allora direttore della biblioteca reggina Domenico Romeo e dello storico Francesco Arillotta. Essa è oggi patrimonio della Biblioteca comunale Pietro De Nava di Reggio Calabria. La preziosa copia è da un anno esposta nella sala Pietro Da Toledo del Castello Aragonese. L’emergenza CovID19, di fatto ha finora limitato moltissimo le visite presso il Castello che ha riaperto i battenti solo da qualche giorno. E' possibile tornare a vedere la preziosa copia del Commentario al Pentateuco di Rashi dal lunedì al venerdì, dalle ore 8.30 alle 13.00 (ultimo ingresso alle ore 12:30) e dalle 14.30 alle 18.30 (ultimo ingresso alle ore 18). Il sabato e la domenica accesso con prenotazione.
La Bibbia a 42 linee di Gutenberg fu inserita nel 2001 nell’elenco delle Memorie del Mondo dell'Unesco. Sempre il “New inscriptions on the International Memory of the World Register” dal 2015 annovera, nel suo prestigioso patrimonio documentario, anche il prezioso Codex Purpureus di Rossano Calabro, forse il più antico manoscritto illustrato della storia, giunto dall’Oriente nell’allora roccaforte bizantina di Rossano intorno al VI secolo d.C.. Rossano diede anche i natali al calligrafo, letterato e copista, Giovanni Battista Palatino. Grazie a lui, oggi accanto al Time New Roman e al Garamond, tra i font molto usati nella scrittura meccanica, anche il Palatino Linotype, erede del carattere tipografico Palatino appunto, portatore di un’impronta tutta calabrese.
Tante, dunque, sono le pagine di storia scritte anche in Calabria dalla Cultura e dall'istinto dell'umanità a lasciare traccia ai posteri del suo Sapere. Fucine furono, infatti, tanti comuni calabresi, con l’arrivo dei monaci Basiliani, di scrittura in lingua Greca.
La nostra regione, come anche la Sicilia, fu luogo di intensa attività scrittoria con molti centri monastici della provincia di Reggio Calabria (Bova, San Lorenzo, San Procopio, Gerace, Oppido), Catanzaro (Badolato) e Rossano in provincia di Cosenza in cui testi in lingua Greca (documenti prevalentemente religiosi) venivano copiati affinché si conservassero. Lo scopo era quello di alimentare la trasmissione scritta della lingua Greca, la salvaguardia e la diffusione della cultura. Molti dei testi Italo - Greci furono trascritti in Calabria e molti di essi, pur essendo sopravvissuti ai domini ed alle devastazioni successive, nel tempo furono trafugati, venduti ed oggi sono esposti nelle più prestigiose biblioteche d’Italia e d'Europa.
Tra il XV ed il XVI secolo fecero capolino i primi libri (codici) su tavolette di legno, papiro, pergamena e poi carta (superata l’epoca dell’argilla, della lamiera di metallo, della pietra) venivano trascritti da religiosi. Le prime officine libraie sorsero presso conventi, abbazie e monasteri, in specifici locali detti scriptoria ed i testi scritti, o meglio copiati, erano lezionari, evangeliari, innari, utili alle pratiche liturgiche quotidiane, alcuni anonimi, altri con data, luogo di trascrizione e firma del copista (librarius, ossia un amanuense più esperto). Inoltre l’utilizzo del calamo (strumento scrittorio in canna appuntita) in sostituzione della penna d’uccello, permise trascrizioni sempre più eleganti, con l’introduzione di miniature e decorazioni sempre più accurate.
Ex libris su cui rinvenire attraverso uno stemma araldico o una immagine simbolica la nobile e antica proprietà; il colophone, da cui trarre le informazioni sullo stampatore e sul luogo e la data di stampa (un tempo la firma del copista o dello scriba con data, luogo e autore del testo), poi la formula in rosso ai tempi della stampa del 1400, con nome dello stampatore, luogo, data di stampa e l'insegna dell'editore. Sempre dal 1400, il frontespizio su cui erano riportate tutte le informazioni necessarie del volume. Poi ancora i nervi che legano i fascicoli ed il dorso che li copre, la coperta e la copertina che un tempo, prima dell’avvento della carta, era di pergamena, cuoio, tela; poi ancora le alette o bandelle, la prima e la quarta di copertina. Tutta una terminologia che sottende all’universo librario che un bibliotecario conosce bene, come anche l’appassionato della storia di questo amico silenzioso, un compagno di avventure, un complice dalle mille risorse: il libro, dal latino Liber, originariamente corteccia di albero, la materia di cui era fatto ma non l'unica. Anche con argilla, lamiera di metallo, pietra, su cui si studiarono le prime forme di scrittura (epigrafie), furono plasmati libri.
Il papiro e l’alfabeto si devono agli Egizi che scrivevano senza punteggiature e anche da destra verso sinistra (scrittura bustrofedica) oltre 5000 anni fa. Il papiro da cui deriva il termine che oggi traduce carta in inglese (paper), in francese ed in tedesco (papier) ed in spagnolo (papel), in Egitto non fu sostituito prima del 900, mentre in Europa venne sostituito dalla carta, la cui etimologia italiana è incerta (forse attraverso il latino charta dal greco charassò= incidere, scolpire), solo dopo il 1000 con gli arabi.
Dopo la diffusione della carta, dunque, la stampa e la tipografia fecero il loro ingresso nella storia di libri e manoscritti grazie a Johann Gutenberg. L’avvento della stampa si annuncia nella storia con i cosiddetti incunaboli (‘in culla’), come si definiscono convenzionalmente i documenti stampati con la tecnica dei caratteri mobili, realizzati tra la metà del XV e il XVI secolo. A volte è detto anche quattrocentina. Ai libri stampati si lega il termine segnatura per indicare il numero delle pagine di un intero lavoro editoriale; segnatura che deriva dalle piegature cui si sottopone il foglio stampato in folio – 1; in quarto - 2, in ottavo - 3, in sedicesimo – 4).
La scrittura e la stampa hanno reso possibile l’esistenza del libro, ma senza lettura non esisterebbe scrittura capace di attraversare epoche e di lasciare segni, di arricchire, come accade da secoli, il patrimonio dello scibile umano, di far vivere nella conoscenza di oggi i preziosi manoscritti antichi, di diventare nel tempo testimonianza della storia dell’umanità e delle sue idee.