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Luci e ombre di Giacomo Mancini a Reggio Calabria in particolar modo a vent’anni  della  morte dello statista calabrese con questioni che se pur viste con la lente del tempo presente affondano in alcuni nodi del Novecento italiano e meridionale. L’occasione di un serrato confronto è scaturita dalla presentazione del libro di Paride Leporace Giacomo Mancini, un avvocato del Sud”, organizzato dal Circolo culturale Rhegium Julii che ha chiuso la serie degli Incontri  d’autore di giugno con  protagonista il giornalista Paride Leporace.

Dopo il saluto del presidente  del circolo, Giuseppe Bova, due relazioni dense di domande e argomentazioni sono state tenute dai dirigenti Francesco Costantino ed Enzo Filardo.

L’ingegnere Costantino partendo dalle conclusioni aperte del libro, ne ha condiviso la sostanza, ritenendo giusto un nuovo approfondimento nonostante la copiosa pubblicistica sull’uomo politico calabrese. Il dirigente del circolo ha molto apprezzato le pagine del Mancini partigiano (aspetto poco noto ai più), e ha sottolineato i meriti delle pagine dedicate al ruolo di ministro della Sanità con la scelta del vaccino Sabin per la poliemelite, di ministro dei Lavori Pubblici con gli interventi causati dalla Frana di Agrigento e dalla Legge Ponte, primo strumento di riforma urbanistica varato dal Centrosinistra.

Costantino è stato invece molto critico sulle vicende dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria ponendo questioni di merito sul tracciato adottato. Nelle diverse doglianze indicate i 40 anni di interruzione del percorso viario autostradale per una frana che ha danneggiato 2 importanti viadotti nei pressi di Lagonegro; l’enorme difficoltà ancora attuale di realizzare le semplici corsie d’emergenza nel tratto che dopo Cosenza si trasferisce verso Falerna; la difficile percorribilità nel periodo invernale di un’autostrada che per oltre 200 Km ha le caratteristiche tipiche delle autostrade “di montagna”.

L’autore Leporace ha risposto sul punto opponendo le tesi di studi universitari che hanno ricostruito una vicenda che crea ancora dibattito. Gli studi di fattibilità furono del precedente ministro Benigno Zaccagnini, e Mancini scelse uno dei tre, sbloccando una situazione che vedeva i lavori fermi simbolicamente ad Eboli di un’opera che ha di fatto spezzato l’isolamento di diverse aree interne del Sud.

Molte le condivisioni anche nell’intervento dell’ingegnere Filardo che ha affermato nella sua relazione : “Per trasmettere esperienze del passato alle nuove generazioni occorre il linguaggio giusto, quello semplice, diretto, privo di gergalità politiciste, privo soprattutto di nostalgie e di parole senz’anima. E nel suo “Bignami” del romanzo di una vita, quella di Mancini, Paride Leporace usa la sua professionalità, il suo mestiere di giornalista e di comunicatore, sfugge al racconto agiografico, non si fa prendere dall’affetto e dalla stima che comunque nutre verso il suo personaggio, scrive con “occhio asciutto”. Un secolo di storia umana e politica in meno di cento pagine”.

Inevitabili i riferimenti alle vicende che caratterizzarono la Rivolta di Reggio e alle numerose ferite che Costantino trova ancora “sanguinanti” che hanno animato i molti interventi giunti dal pubblico presente nella sala Monsignor Ferro.

Paride Leporace ha risposto a numerose domande sui rapporti tra Mancini e i movimenti giovanili, la strategia della tensione che coincise con il suo ruolo di segretario nazionale del Psi, l’impegno dei diritti civili. L’autore ha illustrato il pensiero di Mancini che vedeva un disegno strategico fatto di infrastrutture, fabbriche, porto, aeroporto, un giornale per portare la sua Calabria nella modernità.

La Rivolta fu un incidente della storia, che Mancini con il suo decisionismo pagherà a caro prezzo anche in anni successivi.

Paride Leporace. Giacomo Mancini un avvocato del Sud, Pellegrini editore