di Anna Foti
Dal latino Iulia, nome gentilizio di una antica e nobile famiglia romana, la gens Iulia (il cui più illustre rappresentante fu Giulio Cesare), il nome Giulia appartenne alla prima femminista della Storia, Giulia maggiore (Iulia Caesaris filia o Iulia Augusti filia) unica figlia naturale dell’imperatore Augusto. Figlia di un imperatore ma con spirito repubblicano. Vissuta tra il 39 A.C. ed il 14 d.C., la sua esistenza fu travagliata fin dalla nascita quando, nello stesso giorno del parto, la seconda moglie di Augusto, Scribonia, madre di Giulia, venne lasciata da Augusto.
Affascinante, vivace ed intelligente fin da bambina, Giulia, su cui il padre aveva la totale potestà, imparò a ribellarsi alle scelte paterne, conducendo una stile di vita spregiudicato. Dopo il confino ordinato nell’antica Pandataria, oggi isola di Ventotene, pagò la sua ribellione con l’esilio trascorrendo proprio a Reggio Calabria i suoi ultimi anni. Visse l'ultimo periodo nell'omonima Torre di cui, dopo il devastante sisma del 1783, non restavano che ruderi, poi successivamente abbattuti e rimossi. Secondo gli studi condotti nei secoli successivi, tale torre ricadeva proprio nella zona (nei pressi dell’attuale Villa Zerbi) dove oggi sorge l'omonima via Giulia.
Nella carta archeologica Klearcos (bollettino dell’associazione “Amici del Museo Nazionale” di Reggio Calabria gennaio - dicembre 2010), lo storico reggino Franco Arillotta, indica gli anni 1910 – 1911 come quelli in cui avvenne il ritrovamento su suolo privato (Torre D’Ascola) dei resti di una torre, di base quadrata delle dimensioni di poco più di otto metri, risalente all’età bizantina e con funzioni difensive. Una piccola rocca dove Giulia, figlia dell’imperatore Augusto, trascorse gli ultimi periodi del suo esilio. Essa era situata dentro la cinta muraria dell’antica Reggio a presidio strategico tra la Porta Mesa ed il Forte di San Francesco. Si narra, ma ciò che gli scavi portarono alla luce attesterebbero trattarsi di storia più che di leggenda, che Giulia vi visse gli ultimi anni della sua vita, fino al 14 d.C., anno in cui morì.
La sua vita fu segnata fin da quando era in fasce. Promessa in sposa al decenne figlio di Marco Antonio, Marco Antonio Antillo quando ne aveva solo due, fu strumento del padre per suggellare patti e alleanze. Scoppiata una nuova guerra civile, quel matrimonio non ebbe luogo ed invece, quattordicenne, Giulia sposò il cugino Marco Claudio Marcello. Vedova a 16 anni si risposò a 18 con Marco Vipsanio Agrippa a cui diede cinque figli - Gaio Vipsanio Agrippa (Gaio Cesare), Vipsania Giulia Agrippina (Giulia minore), Lucio Vipsanio Agrippa (Lucio Cesare), Giulia Vipsania Agrippina (Agrippina maggiore, madre di Caligola) e Marco Vipsanio Agrippa Postumo (Agrippa Postumo, nato dopo la morte del padre) - rimanendo nuovamente vedova all’età di 27 anni. Sempre per volere del padre, sposò infine Tiberio, fratellastro della giovane da cui divorziò nel 6 A.C., dopo aver perso un figlio. Per gli adulteri che furono attribuiti alla giovane in costanza di quei matrimoni imposti dal padre, di cui forse solo quello con Jullo era vero, e per tradimento dello stesso padre, imperatore Augusto, contro cui avrebbe complottato nel trentennale della battaglia di Azio, nel 2 A.C. fu condannata, arrestata ed esiliata a Ventotene e poi a Reggio dove, salito al trono Tiberio, suo ex marito, fu privata di ogni bene e costretta in una stanza dove, fiera fino alla fine, morì.
Una storia che ha lasciato svariate tracce nell’antica Roma e qualche traccia anche a Reggio Calabria.
Di recente, infatti, si è profilata l'ipotesi, in attesa di riscontri, che l'imponente e importante basamento, rinvenuto nel sottosuolo di piazza Garibaldi nel 2016 durante alcuni lavori, di cui era visibile solo un terzo del totale e di cui dunque non si conosce con precisione la forma (quadrata o rettangolare), possa essere proprio la tomba di Giulia. Lo scavo è stato poi coperto, per preservarlo dal degrado e dalle intemperie che già lo assalivano, in attesa di ulteriori indagini e di un adeguato progetto di valorizzazione.
Daniele Castrizio, professore ordinario di Numismatica presso il dipartimento di Civiltà antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, è tra i sostenitori che quel basamento possa essere riconducibile dalla tomba di Giulia, per due principali ordini di ragioni. La prima attiene al pregio dei materiali utilizzati, che lascerebbero pensare ad una committenza imperiale. Secondo lo studioso, il monumento in questione sarebbe stato visibile per secoli e quindi danneggiato nel tempo e ciò che è stato rinvenuto sarebbe solo la parte interna. Altro elemento riguarda la posizione nella zona sacra in cui sorse la prima Reggio, lontano per altro dalle necropoli ellenistiche e tardo romane che insistevano nella zona compresa tra Pentimele e l'attuale Grande Ospedale Metropolitano. Sarebbe stato Caligola, figlio di Agrippina e nipote di Giulia, divenuto imperatore alcuni anni dopo la sua morte, a decidere di erigere un mausoleo per riscattare il destino della nonna Giulia. Una scelta compiuta con l'intento di riabilitare la memoria di una donna fiera e ingiustamente esiliata. Al momento trattasi di ipotesi che solo successive indagini potranno confortare oppure delegittimare.
Certo è che Giulia morì a Reggio e che qui sono e restano sepolti i suoi resti.
Giulia, nome nobile, nei secoli successivi, assunse rilievo anche per la Chiesa Cattolica che lo scorso 22 maggio ha festeggiato la donna martire e vergine, vissuta tra il 420 ed il 450 d.C., originaria di Cartagine e morta in Corsica, le cui reliquie sono oggi custodite nel maestoso complesso monastico di Santa Giulia a Brescia (antica Brixia) in Lombardia.