Di Natale Pace
Tre saggi critici sviluppati su altrettanti racconti tratti dai circa duecento complessivamente scritti da Italo Calvino, lo scrittore e giornalista nato a Cuba, del quale sviluppa le sottili ironie, che sembrano ispirate ai sogni di Kafka, ma, come spiega egli stesso, non lo sono.
Ancora tre labirintismi i tre saggi su scritti di Jorge Louis Borges che seguono. Altra poesia dei doni, La casa di Asterione e La Biblioteca di Babele. Il realismo magico dello scrittore argentino viene messo in bella evidenza.
A questi primi sei lavori nel libro fanno seguito tre recensioni sul Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tre interessanti e nuovi ragionamenti su alcuni aspetti danteschi, sulla teatralità della Commedia, sull’efficacia della similitudine e Una Lanterna Infernale.
Basterebbe e avanzerebbe per renderci conto e apprezzare la oratoria critica di Benedetta Borrata, la sua penna benna-scavatrice all’opera, la ricerca continua, l’esposizione mai cattedratica, se pure scientificamente ineccepibile.
Ma poi il bel volume “Alba Pràtalia Aràba” con grande lungimiranza pubblicato da Franco Arcidiaco edi Città del Sole, affronta alcune pagine davvero memorabili con memorabile acume critico: ecco Grazia Deledda con Al Suono delle Leoneddas, ecco Pascoli con due scritti poetici: la Poesia sotto il velame dei versi e Cullando il Nido ch’è tra le Spine.
Seguono il biblico Horcynus Orca di Stefano d’Arrigo, novello Joice con “Dove il mare è mare; una disamina del verso poetiico di Roberto Pazzi, con Un Giorno senza Sera ed Ermanno Bencivenga, in L’Incanto di una letteratura infinita da Nel Nome del Padre e del Figlio.
Chiudono questi venti lavori di recensione critica due straordinarie riflessioni che ho avuto il piacere di ascoltare direttamente dalla sua voce.
Lorenzo Calogero, Il Demone della Poesia, che Benedetta propose una sera di tenero autunno a Melicuccà, paese del “medicu pacciu”, quando il Rhegium Julii organizzò una serata per presentare le tesine dei ragazzi del Liceo Alessandro Volta di Reggio Calabria, sullo sfortunato poeta lasciatosi morire di poesia.
Infine l’ultima recensione, anche questa completa e chiara sul volume antologico di Pino Bova, “Ossigeno, poesie 1966-2020 in occasione della consegna di un premio all’impegno culturale che la Città volle conferire al bravo Presidente del Circolo Culturale Rhegium Julii.
La Borrata, nella sua introduzione a questa raccolta di scritti critici ci spiega preliminarmente il mistero di quel titolo in italiano volgare.
Scrive Benedetta: “Alba Pratàlia Aràba – L’Incanto di una letteratura infinita”, è una parte dell’antico indovinello veronese, uno dei primi esempi in volgare scritto, risalente alla fine dell’VIII o ai primi del IX secolo.
Se paréba boves, alba pratàlia aràba,
albo versorio teneba, et negro semen seminaba.
Spingeva avanti i buoi (le dita), arava bianchi prati (i fogli bianchi di pergamena), teneva un aratro bianco (la penna d’oca) e seminava un seme nero (l’inchiostro).
L’indovinello allude all’attività dello scrivere, legata parallelamente all’atto di arare, seminare”
Dunque il volume di Benedetta Borrata propone scritti di vari autori, arature e semine di grandi contadini dello scritto e la nostra autrice prova con sapiente competenza a inculcare nei lettori del libro la voglia dell’approfondimento, dell’andare a vedere altro di quegli autori, andare a leggere magari le opere recensite nella loro globalità.
Ma Benedetta Borrata mi attrae fortemente perché è una saggista, storica e ricercatrice sui generis.
Vedete, mi è qualche volta capitato di essere testimone di poeti che nel proporre i propri versi si emozionassero fino al pianto, qualche amico poeta mi ha candidamente confessato di qualche volta che nel comporre, nell’immaginare un verso o una poesia l’abbia assalito il pianto. Credo che non ci sia da gridare di meraviglia per questo. Accade anche ai narratori, ma succede pure ai pittori, accade cioè agli artisti nell’attimo della creazione di traslare la propria anima nell’oggetto creato, racconto poesia o quadro, allontanarsi dalla realtà e farsi tutt’uno con l’idea creativa.
Ma il critico, il recensore? Che c’entra?
Non mi era mai capitato fino a quando Benedetta Borrata, nel presentare la sua recensione sulla bella antologia di Pino Bova, alla lettura di una stupenda poesia non si emozionò fino al pianto, stupefacendoci, perché non si può piangere nel recensire le creazioni degli altri.
Benedetta può e lo fa con tale naturalezza, con tale partecipazione da coinvolgerci ed emozionarci.
Penso: sarà accaduto stavolta, eccezionale, ma si spiega considerato il rapporto di amicizia che lega Benedetta e Pino.
Invece no!
E’ capitato di nuovo, ancora a Melicuccà e stavolta il rapporto di amicizia non c’entrava per nulla, perché Benedetta il medico ‘Zino non lo ha mai conosciuto. Non so quanti se ne siano accorti, ma la mia amica Borrata s’è emozionata tantissimo discettando di Calogero, della sua triste vita, della sua poesia.
Per farla breve, Benedetta Borrata è un critico letterario che sa salire in tribuna e dispiegare tutte le sue conoscenze sulla letteratura italiana, ma ha quel quid in più che la rende oltre che critica letteraria,, creatrice di letteratura, perché crea, aggiunge, completa gli autori studiati e questa sua caratteristica, questa particolarità ce la rende preziosa, ci spinge ad esortarla ad andare avanti perché era davvero tanto tempo che la Calabria mancava di una grande critico letterario che sappia leggere gli autori, negro semen seminando.