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di Anna Foti

“Incredibile è l’Italia: e bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia”. Nella periferia in cui è nato, che non ha mai rinnegato e di cui ha scritto criticando ogni commiserevole provincialismo anche letterario, Leonardo Sciascia, nato a Racalmuto l'8 gennaio 1921 e morto a Palermo il 20 novembre 1989, dunque trent'anni fa, fu maestro di scuola, giornalista per L’Ora, il Corriere della Sera e La Stampa, scrittore e saggista. Distintosi per il suo grande spirito critico e la sua penna socialmente impegnata, fu un fine interprete del suo tempo e non solo che lasciò in eredità romanzi, racconti, sceneggiature, poesie. Il suo acume intellettuale e la sua lungimiranza ne hanno fatto un scrittore e un giornalista capace di scavare anche la contemporaneità. Lo dimostra un articolo su tutti quello profetico, che nel 1987 un redattore del Corriere della Sera titolò "I professionisti dell'Antimafia", in cui definì quest'ultima uno strumento di potere. Erano gli anni Ottanta.

Sciascia pose due autocitazioni in apertura di quell'articolo tratte da "Il Giorno della Civetta" e da “A ciascuno il suo”, anch’esso divenuto l’anno dopo un film per la regia di Elio Petri: «Ma il fatto è, mio caro amico, che l'Italia è un così felice Paese che quando si cominciano a combattere le mafie vernacole vuol dire che già se ne è stabilita una in lingua... Ho visto qualcosa di simile quarant'anni fa: ed è vero che un fatto, nella grande e nella piccola storia, se si ripete ha carattere di farsa, mentre nel primo verificarsi è tragedia; ma io sono ugualmente inquieto».

di Anna Foti

“Addio monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si meraviglia d’essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell’ampiezza uniforme; l’aria gli par gravosa e morta; s’inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a’ suoi monti.

Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell’avvenire, e n’è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que’ monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l’immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande”.

di Anna Foti

 

Alla storia della città di Berlino divisa dal muro, Christa Wolf, scomparsa il primo dicembre del 2011, all’indomani della costruzione del muro, nel 1963, ha dedicato lo straordinario romanzo di formazione (il suo scritto d’esordio) “Il cielo diviso” (“Der geteilte rimmel”). «La città poco prima dell’autunno immersa ancora nella calura dopo la fresca estate piovigginosa di quell’anno, respirava con più veemenza del solito. Il suo respiro si effondeva in fumo denso su da cento ciminiere di fabbriche nel cielo terso, ma poi gli mancava la forza di proseguire. La gente, da tempo avvezza a quel cielo velato, lo trovava improvvisamente insolito e difficile da sopportare, sfogando la subitanea irrequietezza anche sulle cose più remote. L'aria la opprimeva, l'acqua aveva un sapore amaro. Ma la terra la reggeva ancora, quella gente, e finché ce n’era l’avrebbe fatto…».

 

In volo sulle ali del cambiamento ha visto il mondo nel 1990 Klaus Meine, voce della band tedesca degli Scorpions, autore dell’indimenticabile canzone Wind of Change che ancora oggi narra in note la riunificazione della Germania dopo la storica caduta del muro di Berlino (Berliner Mauer), emblema dei regimi comunisti contrapposti ai paesi occidentali, tra Est e Ovest dell’Europa.

di Saverio Occhiuto

C'è un sentimento di disaffezione alla cosa pubblica che sta ormai attraversando l'intero Occidente, non solo l'Europa e il nostro Paese. Questo avviene quando la domanda di protezione e di benessere cresce ma non trova risposte nella rappresentanza parlamentare, negli apparati giudiziari ed esecutivi. Così il tappo della fiducia verso il livello istituzionale salta, con effetti devastanti sulla società. Perché se viene meno la polis, intesa nel suo significato più nobile: la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, l'alternativa è il ripiegamento dell'individuo verso sentimenti di ostilità e di egoismo che poi sfociano quasi sempre in atteggiamenti aggressivi e di "respingimento" dell'altro. Pulsione oggi agevolate dal facile accesso alla comunicazione di massa, i famigerati social, dove si nasconde il nemico maggiore. Perché proprio attraverso le "trappole" offerte dal web, le forze populiste hanno gioco facile nella propaganda anti-sistema, solitamente rivolta a un pubblico meno attrezzato culturalmente e dunque facile preda delle cosiddette fake news. Una informazione-pattume che non arriva mai per caso sul nostro pc o sullo smartphone a portata di mano h24. C'è una strategia in tutto questo, manovrata da "menti raffinatissime" come direbbe Giovanni Falcone, che può portare a modificare la storia di una nazione o di un intero continente, orientando il consenso su quel candidato o quella forza politica senza che di tutto ciò la polis ne abbia la minima percezione. Certo, il livello istituzionale ci ha messo tanto di suo (e continua farlo) per aumentare le distanze dal cittadino, offrendo uno spettacolo di sé che non aiuta a ricucire il rapporto di fiducia con la società.